Quando parliamo del metatarso abbiamo a che fare con un osso che, per la sua posizione, ovviamente non entra in gioco durante la pedalata ma puó ugualmente creare diversi problemi ai ciclisti. Questo accade perché coincide con il punto in cui si scarica la potenza sui pedali.
La problematica principale che si può avvertire è il bruciore.
Questo è dovuto a 3 fattori ben distinti:
1) Il primo, di più semplice risoluzione, è una calzatura inadatta alla conformazione del nostro piede. Dato che si tratta di un problema di non difficile comprensione, non ci dilungheremo.
2) Il secondo fattore è sicuramente un errato posizionamento della tacchetta, in particolare nel caso di un eccessivo avanzamento della stessa. Ciò crea uno sforzo sul metatarso perchè non si ottimizza il punto di spinta, andando a creare tensioni nella zona. Molte volte oltre al bruciore all’arcata metatarsale si presenta anche un intorpidimento delle dita podaliche accompagnato da un formicolio diffuso. Ovviamente la causa è da ricercarsi in una sofferenza da compressione dei vasi sanguigni e dei nervi presenti nella zona in questione.
3) Infine, un eccessiva altezza sella. Questo errore di posizionamento, infatti, va a favorire una pedalata a stantuffo. Essendo tutta la potenza espressa concentrata nella fase di spinta si avrà una compressione anomala nell’appoggio podalico ed essendo questo situato in corrispondenza del metatarso si avrà una sofferenza dello stesso.
Nella biomeccanica applicata al ciclismo, il piede, troppo spesso, non gode di grande considerazione. Il rapporto vincolare che ha con il pedale, induce a pensare che si tratti di un punto “immobile” e, quindi, meno importante rispetto ad altre articolazioni sovrasegmentarie. In realtà, il complesso piede/pedale è fondamentale ed ha riflessi sull’efficienza e sull’equilibrio della pedalata e sull’eventuale sviluppo di patologie da sovraccarico. Nel ciclismo, sono principalmente gli arti inferiori a erogare la potenza necessaria allo spostamento ed è la spinta dei piedi sui pedali a trasferire l’energia agli stessi, identificando, così, un punto cruciale. Il movimento degli arti inferiori nel ciclismo è definibile come cinematicamente vincolato: si realizza prevalentemente sul piano sagittale ed è guidato e imposto dalla traiettoria circolare del pedale.
Camminata e pedalata
Il piede non può non essere preso in considerazione in una valutazione globale del sistema uomo/bici ed é inopportuno effettuare valutazione biomeccaniche e correzioni podaliche per il ciclismo utilizzando i criteri propri del cammino senza adottare opportune variazioni legate allo specifico gesto atletico.
Se il piede e la caviglia condividono molti aspetti in deambulazione e in pedalata, è pur vero che sussistono marcate differenze tra i due gesti:
• nella deambulazione, il movimento sul piano sagittale sposta il baricentro del corpo anteriormente al piede in appoggio a produrre una caduta in avanti che è controllata dalla contrazione muscolare; sostanzialmente la deambulazione è frutto dell’alternanza tra la perdita dell’equilibrio e il tentativo di riguadagnarlo. Nella pedalata, invece, l’avanzamento è dato dalla combinazione della forza muscolare, dell’inerzia e della forza peso dell’arto applicate al pedale;
• nella deambulazione, il piede non ha vincoli costanti ed omogenei, in osservanza al principio della continua trasformazione da adattativo “sensoriale” a leva rigida, mentre nel ciclismo ci sono dei vincoli imposti dal rapporto piede/pedale e dettati, anche, dalla bici nel suo complesso e dalla regolazione della stessa;
• nella deambulazione, c’è un’alternanza tra fasi di contatto e volo con una distribuzione del carico podalico che varia in continuo per posizione e modulo, mentre, nella pedalata, abbiamo un costante vincolo avampodalico ad interessare, soprattutto nel pedale a sgancio rapido, solo alcune teste metatarsali. Concentrandosi soltanto sull’avampiede, in deambulazione, quando questo non è a contatto col suolo, non ha vincoli sottostanti ma è in rapporto, mediante tendini, legamenti e muscoli, con il meso/retropiede e con la gamba, mentre durante la fase propulsiva abbiamo il vincolo del suolo e il carico viene trasferito dalla 5^ alla 1^ testa metatarsale; durante la pedalata, invece, in particolare con pedali automatici, il vincolo costante e fisso sui raggi centrali riduce la superficie di carico, inteso come punto di applicazione della forza;
• nella deambulazione, ad ogni passo, come abbiamo detto, il piede alterna un ruolo di adattatore mobile e shock absorber con uno di leva rigida propulsiva; in particolare, quando il piede prende contatto con il terreno, vi è la necessità di assorbire e dissipare l’energia dell’impatto al suolo, distribuendola su diverse strutture e più tessuti; un ruolo centrale nella gestione di questa funzione è proprio dell’articolazione sottoastragalica (SA). Nella pedalata, come abbiamo visto, non si alternano una fase di volo con una fase di terra ma c’è un vincolo costante dell’avampiede con il pedale ed è il pedale che si muove su una traiettoria circolare obbligata; SA si muove insieme alle altre articolazioni ma, verosimilmente, non ha ragione di assorbire lo shock di impatto al suolo, dal momento che nella pedalata manca il momento di contatto col suolo del retropiede dopo una fase di volo.
Un’eccezione può verificarsi durante la guida in mountain bike ove i carichi possono andare incontro a variazioni consistenti in periodi molto brevi per le irregolarità del suolo e per la guida (roccia, terra, salti e altre sollecitazioni) e la tipologia (gravity o pedalate).
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