FIBRA DI CARBONIO E RESINE
Il carbonio è un termine improprio che si riferisce al Composito, in quanto il materiale utilizzato per la costruzione di un telaio è più precisamente un composito e, in quanto tale, consta di un’unione di due o più materiali ferma restando l'”indipendenza” molecolare dell’uno dall’altro. Nel nostro caso l’unione è rappresentata dall’annegamento della fibra di carbonio in resine, da cui si ottiene il materiale che, sottoforma di tubazioni o di “pelli” sovrapposte, servirà a “plasmare” il telaio. Fibra di carbonio e resine sono quindi i due materiali utilizzati per la creazione di tubazioni o telai monoscocca. La fibra, che allo stadio grezzo si presenta come un filato rappresenta la parte strutturale destinata a sopportare i carichi mentre la resina funziona da elemento di coesione tra le fibre e di propagazione tra esse dei carichi.
PAN E PITCH
La fibra di carbonio utilizzata nei compositi deriva da composti di origine petrolifera chiamati precursori: la pece (PITCH) e il poliacrilonitrile (PAN). Dai precursori viene estruso un filamento che viene sottoposto a trattamenti termici per esaltarne le proprietà meccaniche e fisiche. Viene poi applicato un “rivestimento” per proteggerle da ossidazione e corrosione. Attraverso queste lavorazioni a cui viene sottoposto il precursore, si ottengono quindi qualità di filamenti di fibra di carbonio con differenze anche notevoli di qualità, caratteristiche e prezzo. Per le esigenze telaistiche vengono utilizzate le fibre derivate dal PAN in quanto offrono migliori garanzie di resistenza rispetto a quelle derivate dal PITCH dal quale invece si ottengono fibre con un ottimo modulo elastico ma poco resistenti. Non tutti i costruttori, a differenza di quanto accade con i metalli, specificano il tipo di fibra di carbonio utilizzata, cosa che invece sarebbe auspicabile conoscere per essere al corrente di che cosa stiamo acquistando.
IL MODULO DI ELASTICITA’
In base alla risposta al modulo di elasticità possiamo distinguere le fibre di carbonio in 5 categorie dalla categoria a basso modulo (LW – Low Module), la più elastica e meno adatta alla telaistica per ciclismo, fino alla categoria più rigida ad altissimo modulo elastico (VHM – Very High Module) utilizzata dall’industria aeronautica. Per la costruzione del telaio vengono utilizzate in gran parte fibre del tipo Standard (SM) con percentuali minori di tessuti a modulo Intermedio (IM) e Alto (HM) utilizzati in zone particolarmente sollecitate che richiedono un elevato grado di rigidità (carro posteriore, scatola movimento centrale).
FILAMENTI E FILATI
Il diametro in sezione di un filamento di fibra di carbonio varia normalmente tra i 5 e i 10 micron, inferiore alla sezione di un capello. I singoli filamenti, uniti solitamente in multipli di 1000 formano il “filato” (yarn in inglese) vero e proprio, il prodotto allo stato grezzo reperibile in commercio come filo di fibra di carbonio. Un indicatore qualitativo importante per distinguere le tipologie di filati di fibra di carbonio è dato dal numero di filamenti che compongono una singola fibra. Il numero di filamenti per filato (filaments per yarn in inglese) viene indicato con le sigle 1k, 3k, 6k, 12k … 50k, che significano rispettivamente 1000, 3000, 6000, 12000 … 50000 filamenti per filato. All’indicazione del numero di filamenti che compongono la fibra, di solito si accompagna il peso in grammi di 1000 m di filo (detto titolo del filato, yield in inglese) con valori che variano dai 60/70 g per 1000 m per fibre 1k ai 800/1200 g per 1000 m di un filato 12k. Ad un numero minore di “k” corrisponde una fibra qualitativamente migliore perché permette di creare tessuti di fibra più leggeri e a trama fine, con riflessi anche sul costo del materiale grezzo. Un tessuto 1k può arrivare a costare 3 volte un tessuto 3k. Alcuni costruttori utilizzano tessuti più pregiati come l’1k solo per l’ultimo strato per conferire al telaio un aspetto esteticamente più gradevole e “prezioso”.
TESSUTI E PRE-PREG
I filati infatti vengono utilizzati per creare i tessuti di fibra veri e propri, intrecciando i fili con ordito e trama (linee orizzontali e verticali di fibra intrecciate). Tessuti ben visibili nei telai o forcelle non verniciate dalla caratteristica trama nera a quadretti. I tessuti possono essere intrecciati in maniera semplice come tela (un filo di ordito e uno di trama, plain in inglese), oppure con incroci particolare come la batavia 2/2 (twill) o il raso (satin). Un cenno particolare va fatto per i tessuti di fibra unidirezionali (UD). In questo tipo di lavorazione non c’è una vera e propria tessitura incrociata dei filati, ma si ha una disposizione delle fibre tutte nella stessa direzione senza nessun intreccio. L’unidirezionalità ha come fine un aumento della rigidità strutturale, ma come rovescio della medaglia, mancando l’intreccio, una maggiore propensione a rotture e alla propagazione di eventuali crepe nella direzione dei filamenti. La fibra unidirezionale viene utilizzata solitamente nelle zone del telaio o della forcella meno sottoposte a rotture e come ultimo strato, con solo scopo estetico, nelle zone più a rischio. Raramente e solo come copertura su manubri, attacchi manubrio o reggisella. La fibra di carbonio a questo punto è pronta per essere utilizzata; spesso, oltre ai filati e ai tessuti di fibra, si trovano in commercio anche dei semilavorati come ad esempio strati, laminati o fibra preimpregnata. La fibra preimpregnata (prepreg) è invece una varietà di fibra “grezza” tessuta che viene venduta già impregnata della resina per favorire la coesione con le altre resine al momento della lavorazione. Gli strati sono delle “pelli” formate da filamenti di fibra unidirezionali annegati nella resina, mentre i laminati sono il prodotto che si ottiene attraverso la sovrapposizione di più strati orientati sistematicamente. Tutti questi semilavorati facilitano il lavoro dell’utilizzatore finale che li acquisterà già pronti per essere modellati e “stampati”.
METODI DI LAVORAZIONE, TUBAZIONI E MONOSCOCCA
Le resine utilizzate sono “termoindurenti” ovvero del tipo che passano allo stato solido con il calore modificando irreversibilmente il loro stato molecolare; resine poliestere e resine epossidiche sono le più adoperate, quest’ultime grazie alla loro maggiore resistenza sono qualitativamente migliori e garantiscono un ottimo incollaggio delle fibre. Le modalità di “fusione” tra i due ingredienti possono essere molteplici e condizionano fortemente il rendimento fisico e meccanico del composito ottenuto. Per dare forma ad una bici in composito si possono seguire diverse metodologie costruttive: tra le altre il lay up per la costruzione dei monoscocca e l’avvolgimento dei filamenti utilizzato per le tubazioni. Il lay up è una delle tecniche più comuni, consiste nel disporre i filamenti o tessuti di fibra secondo un preciso orientamento su fogli di carta e lasciati annegare nella resina in modo da far cementare i due materiali. Viene poi tagliato nelle dimensioni volute, tolta la carta, inserito in uno stampo e sottoposto ad altissime temperature. I procedimenti per far aderire la fibra alle pareti dello stampo sono diversi, quasi tutti utilizzano l’autoclave per gettare a pressione gas o sostanze all’interno del telaio compattando la resina alla fibra. A questo punto, a “cottura” ultimata, assume lo stato solido ed è pronto per essere sabbiato e rifinito con verniciature o coprenti. Una variante del lay up prevede che la colata di resina venga fatta direttamente nello stampo previa disposizione ragionata delle fibre. L’avvolgimento dei filamenti è invece il sistema utilizzato per la costruzione di tubazioni in carbonio. La fibra viene infatti avvolta attorno ad un cilindro prendendo così la forma della tubazione, quindi viene aggiunta la resina per cementare, infine si fa passare il tutto allo stato solido attraverso un trattamento termico. A questo punto, si tagliano le tubazioni nelle misure richieste e si ottiene il “kit” per procedere alla costruzione del telaio. Una struttura costruita con tubazioni in fibra di carbonio, necessita di congiunzioni tra una tubazione e l’altra. Il costruttore che lavora sui monoscocca, a differenza di colui che utilizza le tubazioni, può intervenire sul materiale in diversi modi: orientando sistematicamente le fibre, distribuendo i filamenti di fibra in strati più o meno spessi oppure scegliendo resine e fibre di qualità più o meno buona; in una struttura in composito monoscocca quindi la resa del materiale è fortemente condizionata dalla lavorazione del costruttore. Il massimo che il mercato può offrire è dato da quei costruttori che hanno progettato telai con una disposizione ragionata della fibra, aggiungendo spessore nelle zone di massima sollecitazione e orientando la fibra in modo da ottenere rigidità orizzontale (prontezza allo scatto e minima dispersione della forza) e elasticità verticale (minima trasmissione delle imperfezioni stradali e delle vibrazioni, ovvero comodità). E’ chiaro come un telaio debba essere rinforzato e irrigidito in zone come il carro posteriore o la scatola del movimento centrale, in modo che la bici non fletta quando il ciclista si alza sui pedali per un scatto e non venga dispersa la forza applicata sui pedali. Allo stesso tempo si dovrà fare in modo che le vibrazioni provenienti dal terreno non arrivino alla sella e al manubrio in modo da consentire al ciclista una marcia confortevole. Da tutto questo è chiaro come l’intervento del costruttore sia fondamentale e come qualunque dato inerente al rendimento meccanico di un composito sia relativo. Possiamo sicuramente affermare che se in un telaio in metallo la bravura di un costruttore incide per non più del 50%, in un telaio in composito croci e delizie sono tutte nelle mani esperte di chi lo progetta e lo crea, in particolar modo se si tratta di un monoscocca.
CONCLUSIONI
Con i compositi, a patto di un’ottima progettazione, si ottengono telai rigidi e leggeri come l’alluminio, comodi come l’acciaio e durevoli come il titanio; i monoscocca sono i migliori mentre quelli costruiti con tubazioni sono di qualità inferiore, anche se spesso erroneamente vengono messi sullo stesso piano. Il prezzo da pagare è abbastanza salato anche se per i più economici si mantiene leggermente inferiore a quello di una struttura in titanio; per un monoscocca si parte dai 1500 euro per modelli di bassa gamma fino ai 4/5000 euro per i modelli di punta delle marche più blasonate. L’unico problema a carattere meccanico del carbonio è da imputare all’estrema fragilità in caso di urti; il composito soffre molto gli urti con oggetti esterni e la probabilità di spezzarsi è più alta di un qualunque metallo.