Un appassionato allo sport, a parte la vittoria, che è il fine ultimo concreto, chiede di sognare. Chiede di poter esultare grazie ad imprese da raccontare a figli e nipoti, potendo dire: “Io c’ero!”.
Chissà quanti padri e quanti nonni hanno raccontato le gesta di Diego Armando Maradona e di Marco Pantani. Protagonisti di due sport così diversi e così uguali nella capacità di entrare nella mente e nella fantasia del tifoso.
Due personaggi legati da un fil rouge invisibile, da un destino, per certi versi, comune: quello di essere grandi e di essere anche, forse, realmente soli. Due campioni che avrebbero potuto scrivere molte più pagine di storia sportiva, seppure tante e indelebili ne abbiano scritte nel cuore dei tifosi. Due uomini che incarnano il genio e la sregolatezza, che si sono resi protagonisti di imprese e di momenti memorabili e che hanno fatto la storia dello sport.
“Un poco con la cabeza de Maradona y otro poco con la mano de Dios“
22 giugno 1986, Stadio Azteca di Città del Messico. Lo spettacolo che va in scena nel ‘partidazo’ Argentina – Inghilterra rimarrà negli annali del calcio Mondiale. Quel che è capace di creare quel folletto scapigliato con la maglia numero 10, tra gol a tutto campo e la famosa Mano de Dios, rimane ancora oggi un’impresa emotivamente ineguagliabile. La piena dimostrazione di cosa sia capace di fare una potenza soprannaturale che ha affidato al calciatore più forte di sempre il compito di far sognare il suo Paese e di portarlo alla vittoria. Quel trionfo iridato a Messico ’86 è la rivincita di un Paese, l’Argentina, che ha sofferto e che finalmente è riuscito a portarsi sul tetto del mondo.
Immagini che si sono riviste in occasione dei due Scudetti portati a casa da Diego&Co a Napoli nell’86-87 e nell’89-90.
Immagini di riscatto sociale di un’altra realtà che spesso stenta a ‘tirare la carretta’, per usare un’espressione tanto cara all’eloquio partenopeo.
Un sogno interrotto da un mostro troppo grande anche per un gigante come Maradona. La sua positività alla cocaina nel 1991 e la fuga dalla sua Napoli infliggono un colpo pesante a quel Dios che sprofondera’ definitivamente a causa della squalifica in occasione di USA 1994.
“Chissà quanto altro avrebbe fatto Maradona senza i suoi infortuni e le sue controversie“, il pensiero comune di ogni calciatore e tifoso che ha avuto modo di vederlo giocare. Ma la missione principale è compiuta: far sognare e trascinare un popolo al riscatto. Questo è Maradona, e questo è il calcio.
Lo scatto del ‘Pirata’ e l’ignobile fine in quel resort di Rimini
Parlare di Pantani è come toccare con mano l’immagine clou della storia recente del ciclismo italiano e non solo. Così come Maradona, accomunato al Pirata da una stima reciproca, Pantani è riuscito nell’impresa di diventare un gigante dello sport.
Basti pensare che, ad oggi, è l’ultimo ad aver portato a casa la doppietta, nella stessa stagione, Giro – Tour nel 1998. Un risultato impossibile, considerata l’evoluzione del ciclismo negli ultimi decenni. Nell’anno successo, Marco si avvia ad un’altra stagione da protagonista, ed in quel di Racconigi – Oropa, quindicesima tappa del Giro 1999, fa la storia.
Un salto di catena rischia di compromettere la fatica finale che porta al traguardo del Santuario biellese, ma la stoffa del campione viene fuori e Marco riesce a rimontare il distacco di 40”, staccando anche Jalabert nel tratto più duro della salita.
Un bis della maglia rosa che sembrava annunciato e che si interruppe, appena qualche giorno dopo, all’indomani dei risultati dei test antidoping. Un tasso del 52% di ematocrito che supera la soglia del 50%, consentito dallo statuto regolamentare del regolamento dell’UCI.
Per lui si conclude anzitempo l’esperienza alla Corsa Rosa ed iniziano a circolari voci ignobili, che lo affondano sempre più verso la tragica fine. Pantani ritenterà di farsi spazio, ma il peso sulle sue spalle si fa insostenibile. Ed in quel 14 febbraio 2004, insieme al Pirata, non è andato via soltanto uno sportivo, ma sono andati via i sogni degli italiani, che ancora oggi ricordano il ciclista.
Perchè lo sport è capace di spezzare ogni barriera, anche quella della morte, creando parallelismi improbabili.
Questo è il caso anche del rapporto Maradona – Pantani: una stima tra i due mai echeggiata dalla cassa di risonanza mediatica, ma che incarna l’essenza della carica emotiva dello sport.
Maradona – Pantani: una stima tra due trionfatori in solitaria
Diego e Marco, quando quest’ultimo era in vita, si sono stimati davvero tanto. Ne è una dimostrazione il fatto che il ciclista abbia tentato, con un testo scritto da lui, di partecipare al Festival di Sanremo del 1997. “Pibe de Oro” è il nome del ritratto più intimo del Pirata, con cui quest’ultimo si presenta alla commissione artistica del Festival di Sanremo in vista dell’edizione del 1998, anno in cui Marco riesce a fare la storia. Una canzone mai edita, in quanto bocciata dalla commissione sanremese.
Lo stesso Maradona ha ricambiato il suo affetto, esponendosi pubblicamente ed anche duramente nei confronti di chi ha lasciato morire Pantani in quel maledetto giorno di San Valentino di sedici anni fa. Lanciando un grido di denuncia nei confronti dell’opinione pubblica, a margine di un’intervista fatta poco dopo l’annuncio della tragedia Pantani:
“L’ho conosciuto a Cuba. Quando Marco Pantani vinceva, tutti erano vicini a lui, quando è stato in difficoltà, tutti lo hanno abbandonato. La colpa è di tutti: la mia, la tua e di tutti voi (rivolgendosi al giornalista e alla gente circostante.)”
Maradona e Pantani: la storia di due grandi trionfatori in solitaria. Abituati a vincere da soli superando mille ostacoli, un po’ meno a gestire gli inevitabili down della vita. Di una cosa però si può esser certi: che entrambi hanno regalato sogni a milioni e milioni di tifosi.
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